Aborto, la fuga delle donne
Interruzione di gravidanza, strutture in crisi «Attese e umiliazioni». E tante vanno all’estero
I numeri della legge
«Le prenotazioni per la legge 194 sono esaurite. Riprenderanno
il 19 febbraio dalle 11 alle 12». Così la segreteria telefonica
dell’ospedale Macedonio Melloni, tra i più importanti di Milano.
Inutile meravigliarsi. Prendere un appuntamento per interrompere la
gravidanza è solo l’inizio dell’odissea che le donne devono affrontare
per abortire oggi in Italia. Un percorso a ostacoli tra ambulatori
aperti solo un’ora alla settimana, accettazioni a numero chiuso,
colloqui, visite ginecologiche ed ecografie che costringono ad andare
in ospedale anche quattro volte, liste d’attesa che superano i 15
giorni almeno in un caso su due, l’insistenza dei volontari del
Movimento per la vita in corsia, umiliazioni emblematiche come il
cartello con la scritta «Interruzioni di gravidanza» appeso ai lettini
delle donne in procinto di abortire al Niguarda, eliminato solo dopo
l’intervento dei sindacati dell’ospedale milanese. L’irruzione della
polizia al Federico II di Napoli dopo un aborto terapeutico è la punta
dell’iceberg di un fenomeno che spinge sempre più donne a rivolgersi a
cliniche estere. In fuga dall’Italia per abortire.