Di
fronte agli attacchi sempre più pesanti contro la legge 194 (interruzione
volontaria di gravidanza) vogliamo ricordare il positivo significato politico,
storico e sociale che questa legge ha rappresentato per l’emancipazione delle
donne e vogliamo inoltre ribadirne l’incompletezza oltre che la sua mancata
applicazione.
Per
riaffermare con efficacia il nostro diritto di autodeterminazione crediamo sia
necessario mettere in discussione l’articolo 9 della 194 che si occupa dell’obiezione
di coscienza, "opzione" che permette al personale medico-sanitario di
anteporre i propri "problemi di coscienza" alla salute della donna,
di cui dovrebbe farsi garante, e di opprimere il soggetto a cui deve assistenza
in nome della “propria coscienza”. Il problema è che oggi c’è un enorme numero
di medici obiettori e in gran parte dei casi la scelta non è dettata dalla
convinzione personale ma dalla convenienza. Questa presenza ingombrante ha fatto
sì che le gravidanze vengano interrotte con un ritardo sempre maggiore mettendo
sempre più a rischio la salute della donna.